Giugno 2012: Il papa a Milano

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Medita di morire

Chiedo venia, non riesco veramente a scovare neanche la più infame e infima delle scuse per giustificare il ritardo con cui viene pubblicato questo fastidio. Non mi riferisco al generale ritardo con cui viene aggiornato il blog, perché qui siamo una grande famiglia e se nessuno scrive sarà mica colpa mia. Fondamentalmente è tutto da imputarsi a quello scaracchio genetico di Enrico Procopio, ma questa è un’altra storia.
Il ritardo è invece riferito al motivo del fastidio, che è “meditate, gente, meditate”. Una roba che qualcuno, ancora, si ostina a tirare fuori a ogni piè sospinto. Sospinto nel variegato mondo dei social network o dell’internet in generale. Dato che l’internet è il luogo-non-luogo deputato all’indottrinamento altrui e alla paternale a bassissimo costo. Ma la gente che si riduce a quel “meditate, gente, meditate”… davvero, non ne ricordo uno, tra quelli che conosco personalmente e che ho visto uscirsene in quel modo, che non ho sognato di scassare di bastonate in mezzo alla faccia. Non è che son qui a fare le uscite divertenti e sopra le righe eh. Parlo proprio di bastonate. In mezzo alla faccia. Quelle vere.

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Sbrodolati Italiani

Fra le cose che “oddio ne ho proprio un sacco di voglia” e poi le fai e ti viene la nausea (tipo il cinese) è possibile anche annoverare il gelato killer di Cioccolati Italiani. Sulla carta, il gelato in questione appare attraente come il canto di una sirena, l’equivalente all’uovo di una notte di sesso con Scarlett Johansson che prima di addormentarsi vi chiede se vi va una partita a FIFA. Con soli (sì, beh, insomma….) dueeuroeccinquanta vi portate a casa un croccante cono che ospita una vellutata colata di cioccolato (a scelta: bianco o superfondente) e una magari non generosa ma senz’altro ben cremosa palettata di gelato nei gusti più disparati e preparati solo con ingredienti di qualità. Vi immaginate già a spazzolare il gelato a velocità labrador per poi sgranocchiare il cioccolato depositato nella punta, metafora e culmine di estremo piacere… ma in realtà ciò che accadrà sarà la seguente:

Dopo aver quasi finito di leccare il gelato e poco prima di raggiungere quello che immaginate essere una versione superPRO della punta del Cornetto Algida (TM) vi imbatterete in una infidissima cucchiaiata di gelato SCIOLTO, ovvero quella porzione di stracciatella/pistacchio/fiordilatte venuto a contatto con il calore del cioccolato fuso. Tale inattesa cucchiaiata colerà irrimediabilmente sulla vostra maglietta/scarpa/jeans facendovi maledire qualche santo e ricordandovi che siete veramente degli stronzi a non averci pensato prima. Ingoiata la prima dose di bile, è il momento di addentare il cioccolato fuso, ormai rappresosi sino a formare una voluttuosa pallina di ammmore. Fatelo e vi ritroverete DI NUOVO vittime di una ben più letale insidia: l’unica parte di cioccolato fuso ad aver cambiato stato (passando da liquido a solido) è quella che vi ha sciolto il gelato. Il resto, ovviamente, è ancora in forma liquidissima. A questo punto non potrete fare altro che succhiare il gelato fuso foderandovi il palato di una stucchevolissima crema bianca o di una pungentissima crema superfondente, sgranocchiare la punta di cialda che resta e cercare in fretta e furia dell’idraulico liquido.

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Lungo i bordi

N.B.: Questo è un fastidio polemico-invettivo, la giusta risposta a quel rompicoglioni di Zave sull’arte di mangiare la pizza. Inizia qui un dibattito lungo ed inutile, destinato a concludersi con il lancio delle scarpe in segno di disprezzo e reciproci tentativi di avvelenamento.

“Parla come mangi!”, ammonisce la saggezza popolare. “Non si parla mentre si mangia!”, insegna la maestra all’asilo (se fate parte di quello sfortunato manipolo di persone che ha dovuto presenziare all’asilo prima di venire rinchiuso in una scuola). C’è anche la variante del nonno “Zitto e mangia!”. Ma “fatti i cazzi tuoi, io mangio come mangio”, quello non lo insegna nessuno. Ed è un vero peccato.
Esiste qualcosa di più fastidioso del sentirsi rimproverare per ciò che facciamo col nostro cibo dentro il nostro piatto? Sicuramente sì, ma oggi si parla di questo, perciò accontentatevi. Non è facile, ve lo garantisco,  assecondare le proprie compulsioni in campo alimentare ed attuare tutti quei riti, quei gesti abitudinari da folle scriteriata che la società benpensante non accetterà mai. Ad esempio, escludere i bordi della pizza di default, tagliarli via ed abbandonarli al proprio destino.

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La cena dei fastidi

‘Sti poveri animalini

Metto in tavola la zuppa di farro imperiale e i crostini alla toscana e i crostini coi funghi e il salame di cinta senese. Felino di casa sedato, candele accese, desco familiare vestito a festa, amici e una bottiglia di Chianti. Tutto perfetto, insomma.

A parte il vegetariano di Gesù.
Io son tollerante, badate bene, per quanto disapprovi e (se gradito dall’erbivoro di turno) ischerzi bonariamente la scelta altrui di non addentare mai neanche un coscino di pollo non rompo i coglioni, non commento, offro agli interessati un menù alternativo e intrattenimento di alto livello, tipo il mio gatto Piero che apre il rubinetto a testate.
Il vegetariano di Gesù però è offeso e turbato, dice, dalla presenza dei fegatini sul desco familiare. Attacca una filippica isterica sull’errore del mangiar gli animalini e su quanto siamo cattivi e su questo e su quello, scosta con aria ferita il tagliere e il piatto dei crostini e li relega in un angolino, importuna gli altri commensali. Noi siamo cattivi, a mangiare i maiali e le galline e i vitellini! La natura è buona! GLI ANIMALI SONO BUONI!
Mica come gli esseri umani che sono stronzi e maleducati. Annuisco convinta: già.

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“Il cane non è un puffo”

Avete mai avuto un cane?
Uno tutto vostro eh, non “il cane di mia madre” o quello che tenete segregato in cortile ché “è abituato a stare fuori perché è un po’ selvatico” (breaking news: se prendi un cane e lo molli in un cortile dalla mattina alla sera da solo, di sicuro non diventerà il re dei social network canini. E sì, corre il rischio di diventare una bestia incazzosa e frustrata. Ed è colpa tua, imbecille, “il cane ha il suo carattere” funziona solo dopo che l’hai educato). E guardare due puntate di Dog Whisperer non farà di te Cesar Millan.

Un cane tutto tuo è una grande responsabilità: non arriverei a paragonare la cosa all’avere un figlio di “proprietà”, ma è sicuramente una cosa impegnativa. Soprattutto se, come il mio, viene dal canile e ha una storia difficile.

Ecco. Quando ho preso la mia, soffriva di una forte dissenteria dovuta al caldo (era fine luglio) e alla delicatezza del suo intestino: per farla breve, evacuava come un drago in forme difficilmente racimolabili dai marciapiedi o dall’asfalto al punto che, di notte, uscivo come un ladro con un secchio d’acqua nella vana speranza di ridare dignità a una via che rischiava di diventare la più grossa fogna a cielo aperto dell’era moderna (se volete potete buttare delle virgole a caso nel periodo precedente a questa parentesi. Così, per darvi un po’ di fastidio nella lettura…).

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La deiezione negata

L’immagine della donna angelicata, che fastidio. Non che quella della Marcuzzi sia meglio, eh. Però almeno è realistica. Grazie allo spot dello yogurt che fa cagare (letteralmente e non solo) anche i negazionisti della merda femminile dovranno riconoscere che sì, le donne fanno la pupù. La maggior parte di voi avrà smesso di leggere più o meno al secondo rigo, perché la maggior parte di voi è un negazionista della merda femminile. Eppure, che vi piaccia o meno, la donna caga, piscia, peta e rutta proprio come voi. A volte con più pudore, ma non contateci troppo.

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Caffè e sigaretta, cagata perfetta

Amico coinquilino con cui divido l’appartamento e che non insulto solo perché la voglia di quieto vivere talvolta supera quella di scatenare una rissa… io non ho problemi con il fatto che fumi, specie se mesi fa hai esordito dicendo che lo avresti fatto solo in balcone. Ho problemi con il fatto che non lo fai in balcone ma, soprattutto, con il fatto che sei esponente di una delle più becere categorie di fumatori, che sono l’oggetto del fastidio supremo di oggi.

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Quando il fastidio cede il passo

Sabato, mezzodì, Carugate, Ikea+Leory Merlin, ex Castorama. Siamo già oltre il livello di guardia del fastidio. Capirai. Ho cercato in ambedue i mesti luoghi dell’ancor più mesto consorzio umano un articolo, inutilmente. Mi consolo tentando di comprare, da Leroy Merlin, una dalia rossa, in sconto, 1,98 euri (su, dai, 2 euri, ma perché ci dovete trattare sempre come dei coglioni, voi geni del marketing?). Coda alle casse: di venti potenziali, ce ne saranno aperte meno della metà. Sembra che lo facciano apposta a provocare fastidio, generico, a tutti, ma vabbé, tirèm innanz. Per un momento penso sia il caso di andarmene lasciando al suo destino la misera dalia, dato che essere costretti a fare una lunga coda per consolarsi di un viaggio inutile è follia. Mentre aspetto, constato che nella mia fila un bimbo a cavalcioni sulle spalle del padre trentenne piange. Tanto. Dotato della tipica foga de’ bimbi, piange come se lo stessero sgozzando. Cosa vuoi di più? Il fastidio al cubo è servito.

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Smaltimento comodo

Il fastidio di oggi si fa civile e pure sociale, se solo il termine avesse una qualche attinenza con l’argomento. Che è la spazzatura, il marcio, quel che è d’avanzo, l’ormai inutile, il ridondante (che termine strepitoso amici). O meglio: il fastidio è l’indolenza e l’inciviltà e l’ignoranza e l’essenza meschina e stupida e un sacco di altre cose brutte intercalate dalla stessa, fastidiosa, congiunzione. Cioé la tendenza di un numero evidentemente importante di bruttissime persone e miserevoli esseri umani che ritengono insulso star lì a smaltire decentemente la rumenta di cui sopra.

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